Arriviamo al 1943: Tunisia, Sicilia, la guerra prende una brutta piega. Cosa provavate?
Io in Sicilia non sono stato impiegato…comunque la guerra capimmo che era persa con El-Alamein. Vedevamo i mezzi che avevano: ne tiravamo giù dieci e, il giorno dopo, ci erano addosso il doppio. Noi invece non riuscivamo più a rimpiazzare le perdite e gli aeroplani cominciavano a scarseggiare; ripiegavamo e lasciammo gli aeroplani a chi rimaneva.
Nell’estate del 1943, avvengono bombardamenti massicci sulle città italiane: quasi ogni città viene colpita ed in particolare le grandi: Napoli, Genova, Torino, Milano ed infine Roma. Che cosa facevate per difendere?
Il III stormo rientrò in Italia, a Milano ed eravamo dotati di Macchi 202 e di alcuni Messerchmitt che i Tedeschi ci avevano dato: siccome eravamo un gruppo molto compatto ci schierarono alla difesa di Roma. Stavamo a Ciampino, ed eravamo comandati da Falconi, persona molto a posto ma che suscitava odio e invidia fin da quando era diventato campione mondiale di volo a rovescio; era un uomo che faceva di testa sua ed ignorava i burocrati del Ministero. Noi eravamo tutti schierati a CIampino sud, tutto lo stormo, e benché fossimo destinati a difendere Roma venivamo spesso chiamati a dare man forte a Napoli che era debolmente difesa da qualche squadriglia autonoma. Il nostro stormo era di sei squadriglie: più di sessanta aerei. Una notte, i Nostri bombardieri partivano da Ciampino nord in azioni isolate, i 79, uno ogni cinque minuti. Un Beaufighter si era accodato ad un S.79 e lo aveva seguiti per vedere da dove partiva: quando il nostro sparò il razzo di segnalazione per atterrare venne avvistato anche l’aereo inglese che venne abbattuto dalla contraerea tedesca. Il comandante Falconi disse: “Se quello ha comunicato via radio da dove avviene la partenza, domani ci distruggono l’aeroporto.” Ormai piombavano addosso agli obiettivi con minimo duecento quadrimotori, formazioni imponenti. Falconi non aspettò l’ordine del Ministero, ma all’alba diede l’ordine a tutti gli apparecchi efficienti di dirigersi a Cerveteri, a Nord di Roma: partimmo.
Quindi a difendere Roma non c’erano che una sessantina di aerei?
Sì, c’eravamo solo noi con in più qualche aereo della notturna a Centocelle, ma poca roba. C’era Rotondi che volava con un Lighting che era stato catturato agli Americani e momenti lo buttavo giù io, sta testa di cavolo…A Cerveteri dovevamo aspettare l’ordine del Ministero per partire, ma Falconi, non appena giunse voce che la formazione nemica era su Roma, ci diede l’ordine di partire. Io avevo il 202, e ci dirigemmo al largo di Ostia: era il giorno del famoso bombardamento su Roma, il 18 luglio del 1943 e si era sparsa la notizia che a prender parte all’operazione degli americani vi era il famoso divo Clark Gable: cercai invano la figura che contraddistingueva il suo aereo.
C’è un combattimento in particolare di cui vuole parlare?
Ma…un giorno, appena dopo il bombardamento su Roma, arriva la notizia che volevano consegnare un nuovo Macchi alla nostra squadriglia, era un 205. Vi fu un conciliabolo su chi spettasse guidare la nuova macchina e, grazie al numero di abbattimenti gia’ conseguiti, riuscii a spuntarla. Mi diedero un foglio di viaggio e mi recai al Nord per ritirare il nuovo apparecchio: quando lo vidi chiedi spiegazione e informazioni. “Che te devo spiegà?-mi disse il collaudatore , un romano, - questo è sempre il 202. Una sola cosa: se Ti capita di sparare, non sparare con tutte le armi contemporaneamente, altrimenti il rinculo è troppo forte. O spari con i cannoncini da 20 mm, oppure spari con le mitragliatrici 12 ,7” Ma io non ho mai seguito questo consiglio ed ho sempre sparato con tutte le armi: se la va, la va…Ma chiedevo ancora informazioni: “E’ il 202, dai vai!..” Appena su mi accorsi che invece il motore era più potente: arrivo a Cerveteri e mi viene incontro il maggiore Camarga (?): “Gorrini, tu domani stai di riposo” Ed io:“Fin che non ho fatto un combattimento con questo, io monto di allarme tutti i giorni” Quell’aereo è durato 48 ore! Il comandante di squadriglia mi aveva ordinato di partire dopo tutti gli altri, poichè avevo l’aereo più potente e più armato e dovevo fare il suo primo gregario di sinistra, mentre gli altri stavano tutti sull’ala destra. Era il capitano Giuntella, oggi generale. Partono e parto anch’io per ultimo in mezzo ad un gran polverone; arriviamo al largo di Ostia e vediamo una grande formazione nemica da bombardamento. Non sapevamo dove si dirigevano, pensavamo ancora su Roma, ma poi apprendemmo che l’obiettivo era Sulmona, dove era accantonata la divisione corazzata tedesca Hermann Goering, nella foresta. Una grande formazione, lì sotto gli occhi: il comandante mi faceva segno di stare calmo, per radio non si poteva parlare, ma alla fine il capitano Giuntella, continuamente incalzato da me, mi diede il via libera. Sono andato su, e andando su attaccai l’ultimo loro gregario di destra e sparai fra l’attacco dell’ala e la fusoliera: era un B-17, una “fortezza volante”. feci un looping e mi ripresentai addosso, appena per vedere la sua ala che letteralmente si staccava, con i due motori che giravano e questa che andava in vite. L’aereo cadde sull’aeroporto di Nettuno: ero a 7000 metri ma sentii lo spostamento d’aria e vidi due o tre paracadute lanciarsi e commisi la solita coglionata che fanno tutti i piloti quando abbattono un aereo avversario, cioè girarsi per vedere dove cade l’aeroplano. Mi è piombato addosso un loro caccia della scorta, un Lighting P38: mi son visto i suoi colpi passarmi sopra la testa, mi aveva mancato di un soffio e poi fece una cosa stupida entrandomi a tiro. Lo centrai in pieno, tanto che scoppiò: se non mi aggrappo ai comandi finisco dentro i pezzi dell’esplosione. Vidi che il pilota aveva fatto in tempo a buttarsi con il paracadute. Mi rigetto all’inseguimento della formazione, attraversando tutta l’Italia e la intercetto sull’obiettivo: mi scaglio contro l’ultimo dei B-17. Feci quattro attacchi e dopo un po’ vidi ben 9 paracadute che scendevano: ma l’aereo seguitava nella sua corsa, normale. Lo riaffrontai e, forse fu una delle poche volte che lo feci, sparai in cabina: non c’era più nessuno ed avevano installato il pilota automatico. L’aereo cominciò a perdere quota e, ancora una volta, lo inseguii per vedere dove cadeva: mi arrivarono addosso 12 Lighting, 6 da una parte, 6 dall’altra. Tengo imbarcato l’aeroplano e, avendo sparato raffiche molto forte e continue, le armi si erano scaldate: mi scoppiò il cannoncino di sinistra, perforandomi l’ala. Mentre stavo cercando di fuggire, avevo una paura incredibile, verso i 3000 metri, mi saltò il tettuccio che volando via mi ruppe l’antenna e mi danneggiò i timoni di coda. In quelle condizioni, avevo una cartina che mi era stata portata via dal risucchio, tirai la cloche più che potevo, tanto che si piegò. Ero a 1500 metri e vidi sotto di me il mare: provai con la radio. Chiama, chiama, un bel niente: finalmente arrivò la risposta. Ero su Pescara, mi ricordo il porto; mi diedero indicazioni per orientarmi, ma la benzina cominciava a scarseggiare. In più mi dissero di non atterrare a Cerveteri perché era stato distrutto da un bombardamento. La formazione che avevamo intercettato prima era seguita da un’altra che puntò su Cerveteri. Mi dissero di atterrare alle Strisce, verso Ostia, vicino al torrione in cui fucilarono Salvo d’Acquisto. Cala la benzina, non vedo arrivare Cerveteri, non vedo arrivare le Strisce: finalmente ci sono sopra, ma questa volta è l’elica che va in croce (non c’era più un goccio di benzina). Ricordo i fili dell’alta tensione della linea ferroviaria e che puntai a terra per poi cercare di saltare i fili: fu la forza della disperazione a salvarmi, perché anche il carrello non funzionava più bene. Atterrai e mi venne incontro il maggiore, furente, credevo che mi mangiasse. L’aereo non era più riparabile. “Comandante, ci sono due quadrimotori ed un caccia!” “Non contare balle” questa fu la sua risposta. “Non sono balle: non sono caduti in mare, non sono un ufficiale e in più sono caduti al di qua delle nostre linee” Avevamo un Fieseler-Storch, un aereo tedesco da ricognizione, “Andiamo a controllare gli dissi” Partimmo (non l’avevo mai guidato): ed arrivammo a Nettuno. C’era una buca enorme: quelli della contraerea dissero che i due piloti che avevano fatto in tempo a lanciarsi li avevano portati via i Carabinieri insieme ai Tedeschi. “E uno!” Li andiamo a cercare e raccontano di esser stati attaccati da un aereo isolato, velocissimo e senza numeri e distintivi. “Andiamo” Cercavamo il Lighting: sul lago di Nemi…Finalmente atterriamo su un prato e due ragazzini ci dicono di aver visto un motore in un punto e che il pilota era stato portato via dal maresciallo dei Carabinieri. Andiamo da lui: il pilota era francese e disse che aveva anche lui avuto un combattimento con un aereo senza distintivi. C’era da andare a Sulmona, ed il maggiore titubava: bisognava attraversare gli Appennini ed entrammo dentro un temporale che ci fece ballare per quaranta minuti. Voleva tornare indietro, ma indietro faceva più buio che avanti: acqua che veniva dentro, ma arriviamo a Sulmona e ci rechiamo al comando tedesco dove stavano alcuni prigionieri, di cui uno enorme. Era il comandante della fortezza volante, un australiano. Anche lui disse quello che avevano detto gli altri: caccia veloce, senza distintivi, isolato. Mi piacerebbe conoscere il pilota aggiunse, ed il maggiore mi indicò: mi tese la mano e mi piantò una stretta di mano che stavo per dargli un calcio. Poi mi volle fare un regalo e, aprendo un calzare, tirò fuori una 7,65 che mi regalò.
Qualche giorno dopo mi tirarono giù sopra Frascati, dopo che avevo tirato giù uno Spit e mi erano venuti addosso in quattro.